Articolo tratto dal sito www.africo.net
il Quotidiano - Venerdì 2 settembre 2005

TRA I TORTUOSI TORNANTI DELL'ASPROMONTE

A Casalinuovo d’Africo si aspetta il restauro della chiesa andata distrutta come il borgo dall’alluvione del 1951


di Domenico LOGOZZO
Chiesa di Casalnuovo (fine anni '40)
Le foto ingialliscono, la memoria no. Le impaurite ragazzine e i frastornati bambini dei primi Anni Cinquanta, oggi sono le nonne ed i nonni determinati, che non vogliono dimenticare, che non dimenticano le radici e chiedono ancora, con forza e devozione, il restauro della Chiesa Parrocchiale di Casalinuovo d'Africo, ad oltre mezzo secolo di distanza della disastrosa alluvione che ha ridotto l'intero borgo ad un cimitero di case. «Ce l'avevano promesso, si era impegnato anche il vescovo Bregantini, ma finora non si è fatto nulla», dicono gli anziani che vivono ad Africo Nuovo, dopo il trasferimento dell'abitato, ma di tanto in tanto ritornano in questo sfortunato territorio devastato dalla furia degli eventi atmosferici. Terribile e sconvolgente quell'ottobre del 1951. Pioggia torrenziale durata più di 5 giorni. Danni ingentissimi. Molte vittime nella Locride. Paesi spostati, fiumi deviati. Proprio il vescovo di Locri, quattro anni fa, in occasione del cinquantenario della tragedia aveva rivolto un messaggio ai calabresi perchè non si perda la memoria di un fatto che ha cambiato la vita di molti nostri paesi; tradizioni sconquassate, dall’evento sociale più drammatico di tutto il Novecento, dopo le due guerre mondiali. A Casalinuovo d'Africo si arriva inerpicandosi sugli
Nel 1951 la pioggia riduce il borgo in un cimitero di case
affascinanti seppur "aspri" tornanti dell'Aspromonte ricco di sensazioni e di straordinarie vedute. Un territorio da valorizzare, non da ghettizzare, come colpevolmente si e' cercato di fare. Troppi pregiudizi, poca serenità nel valutare l'impatto turistico che potrebbe essere positivo e creare nuove opportunità di crescita soprattutto economica. Ma, bisogna sottolinearlo con amarezza, è scarsa la propensione a favorire le condizioni ottimali per rendere produttivo un territorio ricco di risorse tuttora incredibilmente inesplorate. Ecco Bova Superiore, imponente, domina l'azzurro Mar Jonio che si unisce meravigliosamente all'azzurro del cielo per disegnare un quadro che soltanto qui i pennelli della natura riescono magicamente a realizzare. Suggestioni ed emozioni che proseguono attraverso la tortuosa strada che porta verso Casalinuovo d'Africo. Non è un percorso agevole. In alcuni tratti assomiglia ad una autentica mulattiera. E' difficile raggiungere il vecchio borgo. Incuria e immobilismo: qui è tutto un problema. Sistemare una scarpata? Mettere un po' di asfalto? Coprire le buche? Altrove è routine. Qui è difficile. Come è stata sempre difficile la vita dei pastori dell'Aspromonte. «La loro è una vita che bisogna conoscerla per capirla», scriveva Corrado Alvaro. Ma spesso si parla e si giudica senza sapere, e quel che è peggio senza, un minimo approfondimento. II pressappochismo che allontana dalla realtà. Una realtà che da queste parti mostra anche pregevoli aspetti che le forze antisociali non potranno mai cancellare.
Vista di Casalnuovo negli anni '60.JPGE' bello l'incontro con la natura incontaminata. Agli occhi del cronista si presentano scenari straordinari, immagini che la penna fatica a descrivere mentre l'occhio elettronico della "digitale" racconta tutta la verità con efficacia e senza le odiose distorsioni del pregiudizio. La strada si allarga l’uomo l'ha costruita, gli eventi della, natura l'hanno modificata. Ad un certo punto si fonde con un ampio spazio pianeggiante, dove pascolano tranquillamente le mucche. II rumore dell'auto non le turba, ne' gli animali danno fastidio agli automobilisti. Lasciano la via sgombra. Ordinatamente. Si mettono da un lato, osservano e sembrano in posa davanti al fotografo. Scenario senza eguali, come quello che si presenta al visitatore appena arriva a Casalinuovo d'Africo, dopo avere affrontato l'ultimo tratto di strada che è veramente un disastro. L’ultima curva scopre una visione spettrale. E' un panorama di desolazione: centinaia di case distrutte, “bombardate" dall'alluvione. E anche in questo caso l'occhio della "digitale" racconta quello che neanche mille pagine di un libro potrebbero descrivere. E' sconvolgente. Un cimitero di case, dove sono sepolti i ricordi della civiltà pastorale. Pietre, macerie, abbandono. 54 anni dopo la tragedia, quel che resta di Casalinuovo d'Africo è soprattutto la memoria dei pastori e delle anziane donne che hanno lasciato queste montagne per trasferirsi sulla costa, dove è stato edificato Africo Nuovo. Ma la mente e il cuore sono sempre qui, tra queste montagne. La struggente nostalgia ed il bisogno di ritrovare i luoghi di una volta, spinge molti a ritornare per "visite" di qualche ora tra i sentieri tortuosi della vita che nessuna inondazione potrà mai spazzar via. Altri ancora trascorrono lunghi periodi nelle case (pochissime) rese abitabili. II passato che non passa e che addirittura dà uno sguardo significativo al futuro. E sì, su due abitazioni, in contrapposizione allo scenario apocalittico, spiccano i segni più evidenti dei tempi moderni: le parabole satellitari. Immagini che fanno pensare al Montenegro: anche in quei paesi case semicadenti e parabole satellitari. Un modo per sentirsi vivi nel proprio tempo. E' la volontà di non arrendersi, di non far scomparire definitivamente questo borgo aspromontano.
E' l'ora del pranzo. Sono già seduti a tavola l'anziano pastore, la moglie ed il giovane nipote, che in queste giornate d'estate passa le vacanze con i nonni. «Favorite, accomodatevi, mangiate con noi». E in un battibaleno la tavola si allarga e si riempie di ogni ben di Dio. È il grande cuore calabrese che si apre. Una generosità, che proprio il vescovo Bregantini qualche anno fa aveva raccontato a Enzo Biagi, ricordando un viaggio in treno dal nord verso la Calabria, dove era cappellano nel carcere di Crotone. «Favorite», era stato l'invito che gli aveva rivolto la famiglia di emigranti calabresi che viaggiavano nello stesso scompartimento del religioso e che avevano «apparecchiato il modesto pranzo». Bregantini aveva avuto così il primo incontro con la gente di Calabria che «divide umilmente un pezzo di pane, salame e un bicchiere di vino con il compagno di viaggio appena conosciuto». II senso dell'ospitalità che si tramanda da una generazione all'altra e che sfida il tempo. Non dimenticare. Bregantini, riferendosi all'alluvione del 1951 e constatando che nei mesi precedenti al 50 anniversario si stava registrando una scarsa partecipazione, aveva citato il passo della Bibbia, che dice: «Guardati e guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto: non ti sfuggano dal cuore, per tutto il tempo della tua vita. Le insegnerai ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli!» (Deuteronomio 4,9). «Viviamo infatti,
Ridare vita ai luoghi simbolo - del passato calabrese
La Chiesa con case laterali.JPGaveva scritto, rifacendosi al documento dei Vescovi italiani per il prossimo decennio, una scarsa trasmissione della memoria storica... non per ripiegarci sul passato, bensì per trasmetterne lo spirito, pur nel necessario mutare delle forme. Nessuno può saggiamente guardare avanti senza confrontarsi seriamente con il proprio passato... Se non si attuerà ciò che è in nostro potere per rimuovere l'attuale appiattimento sul presente, non sarà certo facile combattere gli esiti individualistici della cultura in cui viviamo»!
E per trasmettere la memoria storica è anche importante agire per ridare vita a luoghi-simbolo, come la chiesa Parrocchiale di Casalinuovo di Africo, il Santuario dal grande fascino storico-culturale edificato in onore di San Salvatore, ora in stato di totale abbandono. «Il vescovo ci aveva detto che si sarebbe dato da fare. Avevamo pure tolto un po' di macerie, perché pensavamo ad un immediato avvio del restauro. Che delusione! I lavori promessi non sono mai iniziati», dicono i fedeli che non si rassegnano, sostenuti dalla speranza che si possa concretizzare il sogno degli anziani: riaprire l'edificio al culto e rifare la festa del Santo Patrono come una volta. E il nuovo accorato appello a mons. Bregantini si può sintetizzare con le stesse parole del vescovo, che nel ricordo dell'alluvione aveva visto «emergere il pressante appello all'amore alla nostra terra di Calabria. Non è una terra "vedova", cioè di nessuno... ma una "terra-sposa", perché nostra. Perciò sia curata, seguita, coltivata». Belle parole che "saggiamente utilizzate" possono dare certezze ad una comunità che chiede maggiore attenzione. «La verità e che qui nessuno ci aiuta e le istanze dei cittadini sono sempre tante e continue", si è lamentato qualche giorno fa il sindaco di Africo Nuovo, Maviglia, denunciando «l'abbandono delle istituzioni e la stanchezza di chi non trova i supporti necessari per far crescere la propria comunità». Al grido d'allarme il sindaco ha unito una clamorosa e netta presa di posizione, presentando le dimissioni nella speranza «che i problemi di Africo Nuovo possano finalmente svegliare le coscienze di quanti hanno fatto poco o nulla per aiutare il paese in crisi».
tinopetrelliUna realtà complessa con tanti nodi irrisolti che vengono da molto lontano. All'eccezionalità delle situazioni si deve rispondere con iniziative eccezionali, così come è avvenuto mezzo secolo fa, quando lo straordinario servizio fotografico-denuncia di Tino Petrelli, pubblicato sull' “Europeo”, impressionò l'opinione pubblica e indusse il governo ad attuare interventi concreti ed urgenti. Immagini-verità che avevano sconvolto gli italiani. Una delle bimbe fotografate allora, Fortunata Bruzzaniti, oggi è una energica nonna di quasi 70 anni e ricorda: «Eravamo tutte impaurite vedendo quell'uomo con quella strana attrezzatura. Non avevamo mai visto una macchina fotografica. Per ottenere la nostra fiducia ci promise "una cosa" che per noi era nuova e misteriosa. State ferme e vi regalo una caramella, ci disse. La più grandicella di noi è scappata e se guardate la foto con attenzione potete scorgere la sua faccia impaurita che spunta da dietro la porta d'ingresso della casa. Una sola caramella che è passata di bocca in bocca, l'abbiamo "provata" tutte le bambine del posto. Che gioia! Che sapore! Eravamo felici, ma così felici che quando poi abbiamo incontrato le bambine di Bova ci siamo vantate: Sapete che abbiamo gustato una caramella? Piccole, dolci gioie nell'immenso scenario della vita amara dei calabresi degli Anni Cinquanta.

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