LE MIE RADICI
Sono Giuseppe MORABITO, e sono nato a CASALNUOVO d’AFRICO, paese sulle falde dell'Aspromonte in provincia di Reggio Calabria, il 2 maggio del 1943 da Rocco MORABITO e da Grazia MOLLICA. Anche i miei genitori, come i loro avi, sono nati nello stesso paese.
L’origine di Casalnuovo potrebbe essere datata negli anni successivi al 900 d.C. Secondo lo storico Giuseppe Fiore, Casalnuovo è stato edificato in un periodo antecedente il 1328 perché: “Nel concepimento fattone dal Re Roberto a Niccolò Ruffo nell’anno mille trecento venti otto, vedo notati per i suoi villaggi Motta Bruzzano o Motticella, il Salvatore o Casalnuovo e Ferruzzano”.
Il primo mio antenato di cui si ha notizia, grazie alle ricerche fatte da mio cugino Mario NUCERA (figlio di Giuseppe Nucera e di Anna Morabito, sorella di mio padre), è Giuseppe Morabito nato a Casalnuovo tra il 1770 e il 1775.
Nota di cronaca: Nel terribile terremoto del 1783 durante il quale Casalnuovo, che aveva una popolazione di 483 abitanti, ebbe sei morti e il paese fu in parte distrutto e in parte reso inabitabile. Anche il paese Africo, posto sulla costa opposta, fu quasi distrutto ed ebbe cinque morti su 625 abitanti.
Giuseppe MORABITO, il mio bisarcavolo, si è sposato tra il 1790 e il 1795 con Veneranda ORLANDO.
Nota di cronaca, nel 1797 Lorenzo Giustiniani così ha descritto la vita di Casalnuovo: “Villaggio in Calabria ulteriore in diocesi di Gerace, dalla quale città si è lontano miglia 32 circa. Egli è abitato da circa 600 individui tutti addetti all’agricoltura e alla pastorizia. Dal territorio raccolgono tutti i generi di prima necessità ed hanno similmente l’industria dei bachi da seta. La sua situazione è tra Monti di aria mediocre. Si appartiene in feudo alla famiglia Caraffa, de’ principi di Roccella” (vedi il sopracitato libro di Bruno PALAMARA”.
Nota di cronaca: Nel febbraio 1807 nel territorio di Bova, di Africo e di Casalnuovo ci furono vari scontri armati fra i francesi e i borbonici. Con il sopraggiungere di truppe comandate dal colonnello Vincenzo VENETI i francesi furono sconfitti e i pochi superstiti si misero a scappare verso San Luca, abbandonando anche parte delle armi e dei bagagli.
Dal matrimonio di Giuseppe Morabito e Veneranda ORLANDO sono nati i figli: Giovanni (si è sposato con Francesca CHIRIACO il 25/10/1815), Francesco (si è sposato con Francesca ROMEO), Antonio (si è sposato con Lucia MARTI il 2/01/1820) e a Pasquale.
Nota di cronaca: Nel 1815 Casalnuovo si stacca da Bruzzano per essere aggregato definitivamente al comune di Africo.
Pasquale MORABITO, il mio trisavolo, si è sposato il 18/04/1828 con Domenica SAGOLEO, dal cui matrimonio sono nati i figli: Rosaria, Maddalena, Leone e Francesca.
Leone MORABITO, il mio bisavolo, si è sposato il 19/11/1871 con ANNA NUCERA e hanno dato vita ai figli: Giuseppe (nato il 7/04/1876), Domenico, Francesca, Marianna, Rocco, Maria Antonia e Carmela.
Nota di cronaca: Nel 1900, per migliorare la lotta al brigante Giuseppe MUSOLINO di Santo Stefano d’Aspromonte, evaso dal carcere di Gerace, viene impiantato ad Africo un ufficio telegrafico. In quegli anni sia Africo che Casalnuovo videro molta loro gente prendere la strada dell’emigrazione verso le Americhe; e nel 1915 molti africesi e casalinoviti furono inviati in guerra; molti dei quali persero la vita.(Un monumento li ricorda nel piazzale del comune di Africo nuovo).

Nota di cronaca: I terremoti del 1905 e del 1908, che colpirono fortemente Reggio Calabria e Messina, danneggiarono notevolmente sia Africo che Casalnuovo. La chiesa di Casalnuovo subí danni irreparabili (e sarà ricostruita a spese dello Stato); mentre delle tante abitazioni distrutte solo poche furono riparate, e a distanza di molti anni. Grazie al conte Umberto Zanotti Bianco (presidente dell’Associazione Nazionale per gli interessi del Mezzogiorno), giunto nel 1908 ad Africo e a Casalnuovo dopo il terremoto, nel 1921 fu costruito sia ad Africo che a Casalnuovo l’asilo dopo il 1935 fu costruito un ponte sul fiume Aposcipo che collegava i due paesi di Africo e di Casalnuovo che fino ad allora si accedeva da un versante all’altro utilizzando una trave di 25 centimetri di spessore e lunga 10 metri, gettata al di sopra del torrente ad una altezza dalla superficie dell’acqua di 8 o 9 metri.
Mio padre Rocco MORABITO (nato il 19/04/1920) si è sposato nel 1941 con mia madre Grazia MOLLICA (nata il 26/06/1919) e hanno da la vita a me (il 2/05/1943) e alle mie sorelle: Francesca (il 26/04/1947) e a Carmela (il 10/01/1950).

Nella foto, da destra mia mamma Grazia Mollica con sua mamma Carmela e sua sorella Giuseppina.
LA MIA FAMIGLIA
I miei genitori si sono sposati nel 1941. Mia mamma, orfana di entrambi i genitori, dopo la morte della mamma, viveva con sua sorella maggiore (Giuseppina) e aveva anche due fratelli: Domenico e Luigi che abitava il primo a Sant’Agata del Bianco e il secondo a Reggio Calabria. La sorella maggiore, Domenica, era morta giovane (sui 17/18 anni), per la cui morte la mamma non si capacitava di quella scomparsa, ed è morta qualche anno dopo: nel 1934. Il padre di mia mamma, che era emigrato in America, con la promessa di chiamare in seguito la famiglia, era morto dopo poco tempo il suo arrivo in quel Paese. Come era usanza, la famiglia di mia mamma aveva il soprannome dei “Cancellieri”.


Foto a sinistra Cartolina postale di Casalnuovo, anni '40. In primo piano la piazza del paese.
Foto a destra Matrimonio, i miei genitori uscendo dalla chiesa nella piazza di Castelnuovo nel giorno del loro matrimonio.
Mia mamma è stata la prima donna di Casalnuovo ad essersi sposata con l'abito bianco portato dallo zio Edoardo Fabrizio, marito di zia Giuseppina, che lavorava a Genova.
Mio padre invece, che viveva con i suoi genitori (Francesca Palamara e Giuseppe Morabito), era l'ultimo di cinque fratelli maschi: Leo, Bruno, Giuseppe e Domenico; e aveva anche due sorelle, più giovani: Nunzia e Anna. La famiglia di mio padre veniva soprannominata col nome “Giamba”.
Da dopo il loro matrimonio, i miei genitori per vivere coltivavano i propri terreni consistenti in piccoli appezzamenti terrieri sparsi in alcune località anche distanti dal paese, che si chiamavano Spruzzinni, Calamittà, Caminea e I Prachi. Per brevi periodi hanno anche lavorato nei lavori forestali. Nella loro vita hanno sempre vissuto del loro lavoro, onestamente e nel rispetto delle leggi e delle norme etiche e civili tramandati loro dai propri avi.

Nella foto, mio padre fine anni '30 inizio anni '40
Fino all’età di otto anni ho vissuto nel paese dove sono nato io, le mie sorelle, i miei genitori, i miei nonni e i loro avi: Casalnuovo (o Casalinuovo), che era una frazione del comune di Africo, in provincia di Reggio Calabria. Da bambino, per incominciare ad imparare un lavoro, pochi mesi prima dell’alluvione dell’ottobre 1951, avevo incominciato a frequentare l’officina (?) di Sebastiano MORABITO “U mastru forgiaru”, che era un cugino di mio padre.
Gli effetti devastanti di una alluvione avvenuta tra il 15 e il 18 ottobre del 1951, che aveva devastato tutti i territori agricoli e forestali dei paesi di Casalnuovo e di Africo, e gran parte degli stessi centri urbani, li ha obbligati ad abbandonare, insieme a tutti gli altri abitanti dei paesi, il suolo natio, rendendoli profughi.

Nella foto, l'arrivo a Casalnuovo della corriera, agosto 1951. Ad ottobre ci fu l'alluvione
La devastante alluvione procurò anche la morte di sei persone, avvenute in gran parte nelle campagne circostante i due paesi. Alle famiglie non toccò che trasferirsi, a piedi e con le poche cose che riuscirono a portare con loro, dopo un cammino ci parecchie ore, a Bova superiore e in seguito in altre località della provincia di Reggio. Dopo una permanenza di qualche settimana nei locali delle scuole di Bova, la mia famiglia fu trasferita al campo profughi di Bova Marina, dove abbiamo vissuto fino al luglio del 1958.

Nella foto, Casalnuovo oggi. Di fronte, sul pendio del monte Africo (parziale veduta). I miei genitori abitavano in una casa a sinistra nella foto.
A Bova Marina abbiamo vissuto subito in un fabbricato chiamato “Seminario”, prima di trovare sistemazione definitiva in una “baracca” di legno, che faceva parte di un complesso urbanizzato di baracche finanziato dal governo della Svezia. Le baracche erano composte da un locale unico per ogni famiglia, con l’elettricità ma senza acqua, con i servizi igienici comuni in posti poco distanti dalle abitazioni. Dopo i primi mesi di mensa collettiva, le famiglie hanno incominciato a ricevere contributi mensili (scarsi) in vettovaglie e in lire.
I sette anni passati nel campo profughi di Bova Marina sono stati anni segnati da sacrifici e da privazioni. Dopo aver ultimato le scuole elementari, che avevo iniziato a Casalnuovo, grazie ai sacrifici economici fatti miei genitori, ho potuto continuare a studiare frequentando l’Istituto Salesiano delle scuole medie “Don Bosco” di Bova Marina, dove nel 1958 ho preso il diploma.


Nella foto a sinistra Campo profughi vicino a Bova Marina. In primo piano il "seminario". In basso a sinistra nella foto il campo di calcio dove a destra c'era la baracca dove viveva la mia famiglia ;
Foto a destra me, me stesso, io!
Gli anni (tra il 1952 e il 1958) vissuti nel “campo” sono stati segnati da grosse difficoltà finanziarie e di pesanti disagi ambientali, economici e sociali; ma sono stati anche anni, almeno per i giovani di allora, felici e spensierati riempiti da giochi, divertimenti e studi. Noi ragazzi, con l’aiuto di alcuni adulti, siamo anche riusciti a mettere insieme una squadra di calcio.

Nella foto, da sinistra mia sorella Franca, io, mia sorella Carmen e i mie cugini Bruno, Anna, Mimma e?
Il periodo trascorso nel “campo profughi” ha segnato anche la convivenza comune di parte delle popolazioni di Africo e di Casalnuovo che, di comune, avevamo poco, avendo origini, linguaggi e anche tradizioni differenti.
Fin dai primi periodi di quella “nuova” vita, le persone incominciavano a "discutere" sul futuro da dare alle due comunità; e nel frattempo si erano formate due fazioni: da una parte c'era duna parte della popolazione, appoggiata da alcuni esponenti politici legati alla Democrazia Cristiana, che si prodigavano per convincere le persone a ritornare nei vecchi centri alluvionati e lì ricostruire i vecchi paesi devastati dall’alluvione; e dall'altra, c'era un’altra parte della popolazione che, con l’appoggio di alcuni dirigenti e deputati del Partito Comunista, si battevano insieme alla grande maggioranza degli africoti e dei casalinoviti, per costruire un paese nuovo in un altro territorio.
In quegli anni si tennero, con grande partecipazione di tutta la comunità, molte manifestazioni dell’intera popolazione con blocchi stradali e ferroviari a Bova Marina per chiedere non solo la ricostruzione del paese nuovo, ma anche lavoro e migliori condizioni di vita. Ricordo anche che, durante le manifestazioni, noi bambini depistavamo le forze dell’ordine percorrendo una strada diversa, lungo la “fiumara”, da quella che poi percorrevano gli adulti, con tantissime donne in testa. I fumogeni, lanciati in diverse occasioni dalle Forze dell’ordine pubblico, ci hanno fatto scoprire i "profumi" e i “bruciori” degli occhi con le forti lacrimazioni che i fumogeni creavano.
La costruzione del Paese nuovo (Africo Nuovo), sul territorio del comune di Bianco, arrivò gradualmente dalla fine degli anni '50, quando ormai la mia famiglia aveva già preso la via dell’emigrazione verso Genova; come capitò a tantissime altre famiglie che in quegli anni si erano trasferite massicciamente in Liguria, Piemonte, Lombardia e in altre regioni, alla ricerca di migliori condizioni di vita.

Nella foto, la spiaggia di Bova Marina, paese dove ho studiato nelle scuole medie con la spiaggia che ho frequentato
Negli anni di permanenza nel campo profughi di Bona Marina, mio padre ha dovuto emigrare in Germania e in Svizzera dove ha lavorato per qualche anno nei settori dell’edilizia e dell’agricoltura. Rientrato in famiglia, in seguito è andato a lavorare a Genova, ospite dei miei zii Francesca Mollica e Edoardo Fabbrizio, lavorando nel settore dell’edilizia, prima di essere assunto allo zuccherificio Eridania.
Stabilitosi mio padre a Genova, la mia famiglia si è ricongiunta nel giugno del 1958 quando ci siamo traferiti con mia mamma e le mie sorelle da Bova Marina a Genova; andando ad abitare a Manesseno: frazione del comune di Sant’Olcese, a pochi minuti da Bolzaneto.
Chiusa, dopo pochi anni, l’Eridania mio padre ha lavorato per diversi anni nel settore dell’edilizia e poi, fino alla pensione, nella fabbrica d’infissi "Galante" di Isoverde (Comune dell’alta Valpolcevera).
Dai miei numerosi zii, paterni e materni, ho avuto in eredità una ricca e bella parentela composta da più di trenta cugini e cugine e dai loro numerosi figli, nipoti e pronipoti. La grande maggioranza di loro vive ad AFRICO NUOVO (RC); mentre molti altri vivono in centri diversi del nord Italia. I miei cugini, nelle diverse gradualità di parentela, assommano a più di centocinquanta persone, e sono in continua crescita.

Nella foto, vista panoramica spiaggia di Africo Nuovo