Seguo fin dall’età giovanile, con interesse e viva passione, la politica del nostro Paese. Sono stato iscritto, dai primi anni del 1960, al Partico Comunista Italiana poi al Partito dei Democratici di Sinistra e in seguito ai Democratici di Sinistra. Nel 2007 sono stato socio fondatore del Partito Democratico al quale sono iscritto fin dalla sua fondazione. Per la sua nascita (14/10/2007) mi sono impegnato attivamente quando ero iscritto ai Democratici di Sinistra di Genova. Nel febbraio del 2013 ho partecipato, insieme ad altre 3.110.209 persone, alle elezioni primarie per scegliere il segretario del PD, e il mio voto era andato all’ex segretario del PD Pierluigi Bersani persona che stimo per la sua onestà e per le sue capacità politiche e amministrative.
Quello delle elezioni primarie è l'unico caso in fatto di democrazia e di partecipazione, non solo in Italia o in Europa, ma in tutto il mondo. Gli altri partiti o gruppi politici italiani infatti o sono padronali (come FI) o sono personali, come il "M5 Stelle". Mentre nel PD la scelta dei candidati è avvenuta, finora, con le elezioni Primarie nella destra e negli altri partiti, come la LN, i candidati sono scelti direttamente dai suoi leaders.mentre nel M5Stelle i candidati sono scelti via internet, sistema che permette a chi ossiede caacità comunicative sul web di essere candudato a importanti cariche elettorali anche con oiche decune di persone!
Il motivo principale per il quale avevo condiviso, nel 2007, la nascita del "nuovo" partito della Sinistra italiana: riformista, democratico e antifascista, era principalmente il fatto di offrire alle nuove generazioni un soggetto politico nuovo con il quale si rendeva possibile costruire una nuova società più giusta, più libera, più democratica e con una maggiore giustizia sociale ed economica. Con il PD i suoi “fondatori” intendevano costruire un Partito che potesse rappresentare innanzi tutto i lavoratori dipendenti e i soggetti più deboli della società italiana, ed essere il partito delle libertà e dei diritti di tutti, fondato sui valori e i principi della Costituzione italiana.
Le motivazioni che mi avevano portato a condividere la nascita del Partito Democratico erano in gran parte gli stessi motivi che mi avevano fatto avvicinare ed iscrivermi, più di 50 anni fa, al Partito Comunista Italiano.
Era mia convinzione che il PD era il partito dei lavoratori e dei ceti sociali più bisognosi, e che poteva garantire agli italiani (vecchi e nuovi) quei valori di libertà, democrazia, giustizia sociale ed economica conquistati dalla Resistenza e sanciti dalla Costituzione italiana.
Con le scelte politiche e governative attuate dal segretario-presidente Matteo Renzi in questi ultimi anni, il PD è cambiato profondamente: un’altra cosa da quello costituito nel 2007. Io mi ero iscritto al PD per i valori che quel partito esprimeva: democrazia, libertà, uguaglianza, giustizia sociale, solidarietà. Ma lo ero anche perché il PD era un partito collettivo e non personale, come è diventato con Renzi. Per dirla alla Bersani erano una "ditta" dove a decidere erano un organismo collettivo e non una sola persona, come è oggi il PD.
Ho dedicato una vita alla politica (onesta, pulita, fatta nell'interesse della cosa pubblica e a favore dei ceti sociali più bisognosi; e senza mai guadagnarci nulla, anzi!). L'ho fatto in modo attivo, impegnandomi anche in tutte le campagne elettorali fatte, con lo scopo di far vincere il/la candidato/a che il partito candidava e per i suoi contenuti programmatici che erano spesso all'opposto di quelli espressi dai partiti di destra.
Io appartengo a quella sinistra che si è impegnata, sempre, per far vincere chi candidava il partito, e per far realizzare i programmi e le idee scelti.
L’affermazione, fatta Genova: "C'è un solo PD, ma ci sono due sinistre: una che vuole cambiare e vincere. L'altra alla quale piace perdere e far perdere", mi fa sorgere parecchie perplessità!
Il mio auspicio è che quel nuovo modo di fare politica per il quale il PD è nato si concretizzi sempre di più con fatti efficaci, anche per ridare alla politica quella dignità politica e morale perdute dai tanti, troppi, episodi di corruzione, di malaffare e di illeciti di ogni genere compiuti anche da politici senza scrupoli e privi di ogni morale e senso dello Stato. Su questo aspetto c'è da dire che i partiti di Destra (Pdl e Ln per primi) detengono il triste primato di inquisiti e di condannati, anche se diversi personaggi di “sinistra” (?) si sono macchiati di reati. La profonda differenza esistente tra i diversi schieramenti è che mentre i partiti di destra “blindano” e difendono “a prescindere” i loro politici e dirigenti indagati, il PD li ha sempre sospesi dal partito lasciando alla Magistratura gli accertamenti dei reati contestati!
Farà bene il PD ad assumere, con maggior peso, la questione morale come base e cardine della sua azione politica perché solo attraverso la pratica effettiva di una sana e onesta politica si potrà ridare al popolo italiano quella nuova fiducia verso la politica necessaria per far maturare nel Paese nuove prospettive di crescita e di sviluppo economico, sociale e morale delle quali l'Italia ha bisogno.
Abbandonare, uscire dal PD, è facile! Non ci vuole nessun coraggio. Si esce e ci si mette da parte, lasciando che siano gli altri a decidere anche per te.
Restare è una cosa diversa: significa innanzitutto dare battaglia, e battersi personalmente, per un cambiamento della linea politica del partito. Significa impegnarsi per far si che il PD non sposti sul centrodestra il suo baricentro. Significa cercare di contribuire a riaffermare nel PD che i valori e le idealità di sinistra, democratiche e antifasciste che stanno nei suoi valori e principi fondativi possano primeggiare.
Per adesso ci provo: poi si vedrà!
Con l’immissione di nuove regole nella pratica politica e amministrativa, il mio auspicio è che cessino definitivamente anche tutte quelle forme degenerative di trasformismo (nell’attuale ciclo legislativo sono oltre 300 i deputati che hanno cambiato gruppo politico!) e di arricchimento illecito che ha coinvolto tanti personaggi che, privi di ogni forma etica e morale, hanno usato la politica per il loro beneficio personale.
Per chi, come me e la grande parte delle persone di Sinistra che hanno posto sempre i valori etici e morali alla base dei propri impegni e i relativi comportamenti politici e amministrativi, non è tollerabile vedere dei personaggi che traggono dalla politica benefici personali e compiono atti illeciti. Chi lo fa e viene indagato deve abbandonare qualsiasi carica elettiva fino a quando la Magistratura avrà compiuto gli atti relativi. Farà bene il gruppo dirigente a ribadire con i fatti che per il PD la questione morale è centrale, che gli amministratori che rappresentano il Partito Democratico sul territorio e in Parlamento devono essere più attenti alle regole, giuridiche e morali, che presidiano al loro lavoro e che se la Magistratura registra in singoli casi delle anomalie la stessa deve procedere nel suo lavoro secondo i principi cardine di una democrazia moderna, in piena autonomia e indipendenza.
Su questi temi le mie convinzioni le ho sviluppate nell’ultimo congresso dei Democratici di Sinistra,ì e in seguito nel PD con due Ordini del Giorno sui COSTI della politica [download pdf] e sulla MORALITÀ della politica [download pdf] che sono stati approvati a grandissima maggioranza sia dal Congresso dell’Unione di San Fruttuoso che da quello Provinciale di Genova.
In un partito nuovo, come vuole essere il PD, non si può non rispettare le regole che il partito si è dato non versando, per esempio, al partito il contributo finanziario pattuito oppure cumulando cariche infischiandosene nello statuto, o raccogliendo pacchetti di schede alle primarie, o stando in una forza politica per fare "carriera".
D’altronde il PD è un'associazione volontaria che ha le sue regole (approvate dai congressi) e che, ovviamente, una volta che ci si iscrive o che si accetta una carica elettiva bisogna rispettarle! Ciò che nel PD non può essere consentito, e che nessuno può fare, è di considerarsi liberi e di comportarsi come gli pare: se uno si candida a una carica pubblica, sottoscrive un accordo in base al quale appena eletto volontariamente destina una parte dei suoi emolumenti al partito per le spese e se poi, appena eletto, si rifiuta di pagare quelle quote deve essere sanzionato.
Non può essere tollerabile il modo di stare nel partito per cui si considera libertà di diritto candidarsi o aspirare a determinate cariche pubbliche, sia interne che istituzionali, sentendosi prima di tutto un candidato invece che un membro del partito! Perché se la libertà è disgiunta dal dovere e dalla responsabilità il rischio è di trasformare il Pd in un partito di candidati, e non più un soggetto collettivo e democratico. Questo tipo di carrierismo, col tipo di comunicazione che abbiamo, accentua il ruolo della vetrina e più che il “collettivo” primeggia “l’individualismo”; e così la discussione politica finisce per essere strumentale all'apparire e non nel costruire idee. E questo costituisce un elemento di degenerazione, anche morale, che non ha nulla né di storico né di moderno col concetto di partito e di democrazia!
Inoltre la questione morale riguarda anche il principio in base al quale l'esercizio del mandato, o dell'attività politica, è servizio per il Paese e non occasione per affermarsi. Se uno partecipa alla vita del PD sale il suo tasso di libertà, ma anche di responsabilità verso il partito e verso il paese. Questo deve essere il vero anticorpo al populismo e alla demagogia del capo che in questi ultimi anni sta affermandosi nella società italiana con maggiore forza! Se invece l'obiettivo è di stare nel PD per fare carriera o per un utile personale si mina alla base la natura dello stesso partito. (Sintesi da un articolo di Luigi Berlinguer - L'unità 26/7/2013).
Ciò che è capitato recentemente al Partito Democratico con le votazioni del Presidente della Repubblica, che ha visto tanti "grandi elettori" del PD non votare i candidati proposti dallo stesso Partito, è la dimostrazione non solo delle grandi difficoltà che il partito sta attraversando ma anche della diversa qualità politica, umana e morale dei suoi eletti.
Come si fa a non votare prima Marini e poi Prodi a Presidente della Repubblica quando per tutta la campagna elettorale uno dei temi dominanti del PD è stato quello che in caso di vittoria alle elezioni politiche (del 2013) sui temi costituzionali avrebbe agito come partito di minoranza cercando accordi con le altre forze politiche presenti nel Parlamento italiano?
Che "valori" di sinistra hanno quei "grandi elettori" del PD che prima non hanno votato per Marini e poi in 101 hanno "tradito" la scelta da loro stessi approvata non votando, nel pomeriggio, la proposta fatta al mattino del segretario Bersani di votare Prodi Presidente? Se non si è capaci di devolvere, come ha scritto in seguito l'ex Segretario Pier Luigi Bersani, alla decisione del proprio collettivo una parte delle proprie convinzioni e delle proprie ambizioni che senso ha stare in un partito come il PD? Non è forse in questa "devoluzione" che si materializza il disinteresse personale e la moralità politica"? Il PD se non riesce ad essere un soggetto politico (dove ognuno esercita il proprio protagonismo) piuttosto che uno spazio politico, come più spesso sta avvenendo, rischia di diventare un partito come gli altri, fatto di interessi personali e di gruppi di potere.
"Più soggettività e più sintesi: è la strada, per Pier Luigi Bersani, per stare nella modernità e per essere utili al Paese. Non c'è altra strada! Il Paese deve via via percepire che il Partito democratico ha una sua fisiologia che dà voce, con grande apertura, alle complessità della società italiana e che assieme garantisce decisioni certe ed efficaci, e capaci di resistere, quando è necessario, al senso comune del movimento. Senza questo, dice Bersani, saremo trascinati dove, spero, non vogliamo andare: ad essere cioè uno spazio politico anche affascinante ed accogliente ma troppo esposto alle esibizioni individualistiche, alle baronie politiche o ai rabdomanti del senso comune. Un simile spazio può essere utile ad alcuni, a tanti, a tantissimi, ma non al Paese! (L’Unità 5/5/2013).
A distanza di pochi anni ha ancora ragione Alfredo Reichlin quando affermava (L'Unità 25/11/2010) che "... la sinistra è troppo piena di gente che per sentirsi intelligente ha bisogno di segare il ramo in cui è seduta". Lo stesso concetto, ahimè, è tutt’ora presente nel PD dove ci sono, a mio avviso, molti personaggi ("vecchi" e "giovani") che "usano" il PD per i loro tornaconti personali e per costruire le loro fortune politiche e non solo! Individuarli e metterli nella condizione di non nuocere al Partito e al Paese è un dovere di ogni militante democratico! Insieme a questi elementi il PD risente, a mio avviso, anche delle spinte e dei comportamenti di alcuni suoi leader che muovendosi come vecchi feudatari non solo non portano idee e contributi politici ma sconquassano quelle che ci sono già provocando solo danni per il Partito.
Ciò che avviene nel PD è anche il frutto di un Partito che aspira ad essere "democratico" nei fatti, senza esserci ancora riuscito, e dove problemi di “dialettica”, di "potere" e di "rappresentanza" diventano spesso difficili e complessi da gestire.
D'altronde nella destra, dove esiste un partito razzista e xenofobo (LN) e un partito (FI) padronale, che è espressione diretta del suo fondatore, dove tutti i suoi dirigenti ed eletti trovano in lui riferimento ed ispirazione politica, il termine democratico è pressoché inesistente. Infine, nel M5Stelle al di là dei vaff…, delle proteste e dei luoghi comuni su ogni problema la sua classe dirigente (?) si è dimostrata tuttora vuota, velleitaria, protestataria e con delle proposte inconsistenti. Senza considerare che dove governano, o hanno fatto guai oppure le promesse elettorali le hanno disattese; mentre a livello europeo stanno spesso con le destre xenofobe e razziste.